Covid e Scuola: come evitare il disastro

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L’approssimarsi di una Caporetto amministrativa, economica e sanitaria.

Nei prossimi giorni la nuova frontiera si sposterà sulla Scuola che affronta il Covid, i cui numeri attuali sono: casi segnalati positivi in Italia circa 32mila, il tasso di incidenza settimanale è di circa 12,6 casi su 100mila abitanti (sono positivi ai test, non è detto che siano poi degli ammalati), cioè 0,12‰.  Il livello di pericolo reale al 6 settembre è fornito dal dato dei deceduti segnalati come Covid: otto. In media ogni giorno muoiono 1.700 persone in Italia. Sono numeri molto risicati però utili, secondo il Governo, a sostenere la tesi di una epidemia estremamente dannosa. Il ministro Speranza è intervenuto alla Camera settimana scorsa precisando che: “È senz’altro vero che il virus tra le generazioni più giovani fa meno male rispetto all’impatto che esso ha naturalmente sulle generazioni più avanti negli anni, ma è altrettanto vero che i giovani continuano a essere comunque uno strumento di diffusione del virus e questo può essere pericoloso, qualora il virus dovesse estendersi in modo particolare ai genitori e ai nonni, che pagherebbero un prezzo molto più alto.”  Sulla riapertura delle scuole Speranza ha sottolineato che è la più grande priorità oggi per il nostro Paese ed ha  ribadito l’importanza del rispetto delle tre regole fondamentali di prevenzione che “si sostanziano nell’uso corretto delle mascherine, nel distanziamento di almeno un metro e nel rispetto delle norme igieniche fondamentali, a partire dal lavaggio delle mani.”  La scuola ieri ha riaperto in Alto Adige, lunedì prossimo 14 settembre riaprirà in quasi tutte le regioni. Molti dubbi ci sono da parte delle famiglie e degli insegnanti, per non parlare degli operatori scolastici. Aleggia molta incertezza  sulla normativa da applicare, oltre alle tre regole di profilassi indicate dal ministro Speranza, c’è una serie di procedure molto complicate messe a punto dai Ministeri. Il documento cardine per la Scuola è il Rapporto n.58 pubblicato[1] il 22 agosto dall’Istituto superiore di sanità, che prevede un rigido protocollo di azione riassunto nello schema seguente, allegato al rapporto.

Come si può vedere nei vari casi considerati a rischio, riportati nello schema, gli “operatori scolastici” si troveranno ad affrontare situazioni sanitarie, e logistiche, estremamente complesse; si vede subito che, per come è impostato, vi sarà un incremento delle situazioni di presunto pericolo a livelli inconcepibili, non sopportabili dai docenti e dal sistema sanitario. Neppure le famiglie possono stare tranquille per il continuo pericolo di lock-down.

Abbiamo chiesto un parere  sulla situazione della Scuola al pediatra Carlo Frigerio, con lunga esperienza clinica, che opera da molti anni in un comune della Città metropolitana di Milano. Dott. Frigerio, prima di tutto può indicare ai nostri lettori quali sono i sistemi utili per capire la presenza del virus SARS-CoV-2 in questa epidemia Covid?

Molti sono portatori sani, per cui non è semplice. Anche i segni e i sintomi non sono caratteristici: la febbre è un segno misurabile tipico di molte patologie. I sintomi sono talora molto soggettivi: cefalea, tosse, vomito, diarrea e dolori muscolari. Questi sintomi, compatibili Covid e con altre condizioni morbose, sono di solito molto diffusi tra bambini e ragazzi specie nel periodo invernale, per cui sono da interpretare nel loro insieme con la sensibilità e l’esperienza del medico e del pediatra.

Cosa succede se un bambino ha uno dei sintomi classificati per il Covid, ad esempio un raffreddore o un ‘mocio’ al naso?

Può essere una semplice rinite. Il protocollo prevede che a scuola sia isolato in un locale apposito in attesa dei genitori.  Ogni scuola dovrebbe avere più locali per ospitare i singoli sospetti, isolatamente uno dall’altro. Una volta a casa il medico viene interpellato telefonicamente, nel caso ravvisi che la sintomatologia possa essere compatibile con il virus Covid  avvia la procedura di riconoscimento e mette in quarantena cautelativa la famiglia, in attesa del tampone sul caso in esame. Di solito ci vogliono tra i due e i quattro giorni per il tampone,  il risultato arriva il giorno dopo. A questo punto con l’esito si hanno due possibilità:

Negativo= si toglie la quarantena al caso e alla famiglia e si cura l’infezione, non Covid con i metodi e i tempi classici.

Positivo= (scatta il meccanismo normativo)  si procede alla quarantena della famiglia, dei genitori con eventuali fratelli e conviventi,  che verranno tutti invitati ad eseguire il test molecolare (tampone). Scatta identica procedura per tutti i contatti avuti dal soggetto positivo nella classe scolastica.  Su ognuno di loro si attiva la procedura, gestita dal Sistema Sanitario pubblico che individua i compagni di scuola e altri contatti. Restano da definire i contatti extra scolastici: palestra, oratorio,  catechismo,  piscina ecc…  Il numero di famiglie coinvolte si moltiplica rapidamente.

Un effetto moltiplicatore di notevole entità. Ci potrebbero essere problemi particolari?

I problemi ci potrebbero essere per la gran quantità di persone coinvolte. Da non sottovalutare un possibile fenomeno di psicosi con le denunce di terzi – delazioni – oppure con le autodenunce volontarie. Come medico di base non posso ignorarle e scattano in automatico le procedure  descritte. Si potrebbe creare una grande confusione, tra casi reali, presunti o soltanto compatibili. Scatterebbe la procedura automatica per tutti, indistintamente: a casa, “tamponati” a carico della sanità pubblica. Il pericolo maggiore è dato dal moltiplicatore dei contatti, che può mandare in tilt il sistema sanitario in poche settimane. Dopo aver chiuso in casa le famiglie nei mesi scorsi, con queste procedure in breve tempo si potrebbe scatenare l’effetto domino, con la chiusura di tutte le scuole, centri sportivi, luoghi di culto e luoghi di incontro.

Cosa suggerisce di fare?

Sarebbe essenziale poter disporre di tamponi rapidi da praticare in ambulatorio o a domicilio. Se un soggetto risultasse positivo sarebbe da considerare vero positivo. Occorre tenere conto che la loro sensibilità si aggira attorno all’ottanta per cento. Cioè, ci potrebbe essere un margine di errore, stimato in media del 20% sui positivi, indicati come negativi al test rapido (ndr. 20% di 1,7% pari al 0,35%) che risulterebbero conteggiati nel grande numero dei veri negativi (98,3%). Direi che è una buona approssimazione. 

Fare Test sierologici rapidi da puntura sul dito a un gran numero di persone  permette di rilevare i soggetti già immunizzati  al SARS-CoV-2,  per cui possono andare a scuola tranquillamente, evitando il circuito infernale di riqualificazione Covid. In pratica lo screening su grandi numeri dei test sierologici da dito permetterebbe di riconoscere i singoli soggetti immuni (monatti) che potrebbero uscire da qualunque restrizione.

Ricordo che il tampone nasale rileva la presenza del virus e la potenziale trasmissibilità ad altri soggetti, mentre lo studio degli anticorpi con la semplice puntura da dito, è volta ad identificare se un soggetto ha avuto contatto con quel virus ed ha sviluppato le relative difese immuni.

Ha avuto numerosi casi tra i suoi pazienti in questi mesi?

Finora fortunatamente ho avuto pochissimi  casi tra i bambini, non sufficienti a costruire una casistica affidabile.  In effetti, molti si confondono di fronte a una realtà diagnostica che appare molto sfuggente. Occorre avere molta esperienza per scegliere bene cosa fare. Se si imposta un protocollo rigido, con un sistema  fatto in questo modo c’è il rischio di  diventare  una macchina che esegue tutto senza discernimento e le cose si complicano in modo esponenziale.

In attesa dei test rapidi cosa si può fare a Scuola?

Mettere gli insegnanti nelle condizioni di agire secondo coscienza e buon senso, visto che sono sul campo e generalmente conoscono molto bene i loro alunni. Sono capaci di distinguere se c’è un problema sanitario oppure è dovuto ad una interrogazione o un compito in classe. Purtroppo non sono aiutati da Roma con questi protocolli , che parlano di  “fragilità”, che è un concetto che ha poco a che fare con gli aspetti medici.

In ogni situazione occorre avere un atteggiamento di buon senso, non far suonare continuamente l’allarme. Una maggiore flessibilità dei protocolli permetterebbe ai medici più libertà di azione. Altrimenti resterà poco da fare se non ‘quarantenare’  moltissimi soggetti nel tentativo di intercettare i pochissimi positivi. Le normali iniziative diagnostiche (esami ematici o radiografici) per esempio potrebbero collidere con la necessità dì quarantena preventiva in attesa di tampone Covid.

Quest’anno scolastico nasce con grosse incognite, enormi nuvoloni si stanno addensando sui tetti delle scuole, sui dirigenti scolastici, sui docenti, sui lavoratori scolastici e le famiglie. La tempesta è stata annunciata, i provvedimenti e le difese approntate appaiono peggiori del virus stesso, come si evince dai documenti prodotti dai vari CTS, Ministeri della Salute e della Pubblica istruzione. Gli uffici privati, pubblici e amministrativi delle scuole potrebbero essere travolti da tutto questo lavoro supplementare, con personale che potrebbe essere decimato da un giorno all’altro. La preside di Amalfi, Solange Hutter, afferma che in questo modo i colpi di tosse, gli starnuti o i raffreddori potranno diventare traumatici per tutti.

Alessandro Da Rold,  Daniele V. Comero

[1]  Rapporto n. 58/2020: Indicazioni operative per la gestione di casi e focolai di SARS-CoV-2 nelle scuole e nei servizi educativi dell’infanzia A cura del  Gruppo di Lavoro ISS, Ministero della Salute, Ministero dell’Istruzione, INAIL, Fondazione Bruno Kessler, Regione Emilia-Romagna,  Regione Veneto. Realizzato grazie a una larga collaborazione istituzionale che ha visto coinvolto il Ministero dell’Istruzione, con le regole per la gestione di casi e focolai di Covid-19 nelle scuole.

 

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