Energia e Povertà

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Energia, guerre ibride e povertà

I Paesi che hanno a disposizione energia, sia per produzione di elettricità sia per trasporti, riscaldamento, lavorazioni industriali, hanno raggiunto avanzati livelli di crescita e vivono in agiatezza. I Paesi che non hanno accesso a energia vivono in povertà, rappresentano un quarto della popolazione terrestre, 2,7 miliardi di persone rimaste allo stato di indigenza, dipendenti da biomasse per prepararsi il cibo. I Paesi avanzati poco o nulla fanno per estendere ai poveri parte dei benefici della loro agiatezza, non si preoccupano di stabilire un minimo di giustizia sociale. È un problema che affligge da sempre l’umanità, è esacerbato dall’aumento della popolazione, la vertiginosa domanda globale di energia, e le continue guerre creano nuove folle di poveri. Le persone maggiormente colpite dal flagello della povertà sono concentrate in prevalenza in Africa (sub-sahariana), Asia meridionale, Caraibi, America centrale e latina.

L’incidenza di povertà viene misurata come indice multi-dimensionale di povertà determinato dal livello di deprivazione generale, da mancanza di sufficiente assistenza sanitaria, di acqua e impianti sanitari. Il rapporto fra mancanza di accesso a energia adeguata e povertà crea un circolo vizioso: le persone che non hanno accesso a energia sono intrappolate nel ciclo di scarsità di mezzi per migliorare le loro condizioni di vita, costrette a impiegare le loro limitate risorse per procurarsi forme di energia inefficienti e insufficienti ai loro bisogni. La condizione di povertà potrebbe essere parzialmente mitigata favorendo l’accumulo, da parte dei poveri, di seppure modesti surplus di mezzi di sostentamento, liberando energie per istruzione, salute, nutrimento, alloggio, acqua pulita, salubrità degli ambienti interni infestati dai residuati da difettosa combustione dell’unica energia di cui dispongono.

La linea assoluta di povertà è convenzionalmente riportata alla disponibilità di almeno $1,25 al giorno pro capite. Ai poveri viene negato l’accesso a opportunità di miglioramento, sono esclusi dalla partecipazione all’avanzamento sociale. L’accesso a energia è essenziale per promuovere crescita economica, opportunità di lavoro, disponibilità di servizi, mentre la mancanza di energia compromette le opportunità di generare dignitosi mezzi di sostentamento. Aspetto tragico della privazione di energia è che essa incide gravemente sulla aspettativa di vita, in particolare dei piccoli, per mancanza di impianti di trattamento e purificazione e la difficoltà di adottare misure igieniche elementari come quella della bollitura dell’acqua. La povertà colpisce le donne più degli uomini perché, a causa degli impegni domestici esse devono  rinunciare alle opportunità di istruzione, e l’analfabetismo le rende vulnerabili a disordinate gravidanze precoci e ravvicinate e a elevato rischio di mortalità da parto.

Raramente esistono programmi specificamente riservati alle donne per aiutarle a dedicarsi ad attività redditizie. La Grameen Bank (Bangladesh) istituita dal Premio Nobel Muhammad Yunus, offre aiuti alle donne in modo che si possano finanziare macchinario agricolo e strumenti e tecnologia per attività artigianale. La lodevole iniziativa non ha fatto scuola. Un migliore livello di istruzione sarebbe indispensabile per permetterebbe alle donne di fare sentire la loro voce nelle decisioni politiche. Elettricità durante la notte renderebbe possibile l’erogazione continua di servizi medici, l’uso di macchinari diagnostici, la refrigerazione per conservare le medicine, e per proteggere le donne da elevato rischio di aggressione. L’eccessiva deforestazione compromette la raccolta di biomasse. Le biomasse non sono amiche dell’ambiente, liberano gas serra ma è aspetto trascurabile a livello globale. Le tonnellate annue di CO2 emesse pro capite nei Paesi avanzati sono enormemente più elevate (USA 16,16t, Cina 6,86t).

Le privatizzazioni dell’industria di generazione elettrica danneggiano i poveri. Imprenditori privati si rivolgono ai mercati redditizi, non hanno interesse a servire  i poveri: la giustizia sociale non è nelle loro priorità. Dei 192 Paesi del mondo elencati nella graduatoria di energia consumata pro capite primeggiano, fra i primi dieci grandi consumatori, gli Stati Uniti d’America con 11730 kWh. Seguono cinquanta Stati – fra cui (Giappone, Svizzera, Germania, Francia, Russia, Italia, Cina – con consumo di energia che va da 10000 a 3900 kWh. I rimanenti Stati della lista (132) consumano dai 3900 a zero kWh (72 di questi Paesi consumano meno di 1000 kWh (fra cui l’India al 125° posto con 857 kWh), elemento rappresentativo di povertà Ventitre Stati definitivamente poveri hanno un consumo pro capite inferiore a 100 kWh.

Per rendere possibile l’accesso dei poveri all’energia è necessario che la produzione di energia tenga il passo con la crescita della popolazione e della domanda globale. La produzione era di 25000 TWh nel 2016, si stima che sarà di 42000 TWh nel 2050. Come potrà il mondo raggiungere l’obiettivo? Non con le rinnovabili che rappresentano attualmente uno stentato 6% della produzione globale. Le fonti di energia fossili continuano a essere demonizzate (salvo la dilettantesca reazione da girandola della EU) perché eccessivamente inquinanti. Comunque, rappresentano l’80% del consumo mondiale di energia. L’unica fonte di energia moderna e pulita è al momento quella da fissione nucleare (con zero emissione di diossido di carbone). Il mondo aspetta, e si illude di ottenere, effetti stravolgenti con le “solo rinnovabili”. I sognatori rincorrono la chimera del controllo sulla fusione che probabilmente diventerà realtà ma ci vorrà molto tempo di ricerca e tecnologia applicata prima che possa efficacemente contribuire alla soddisfazione della domanda energetica del mondo. I poveri rimangono poveri, il mondo agiato si rassegna all’inazione e si adagia nella perversa attitudine che è “meglio che i poveri non vivano come noi (occidentali) altrimenti l’atmosfera diventerebbe irrespirabile

Nicola Walter Palmieri

Estratto dalla relazione presentata al convegno ISPG del 15 settembre 2022

Note____________________

1   Monossido di carbonio, ossido di azoto, benzene, butadiene, formaldeide, idrocarburi poliaromatici

2   L’acqua sarebbe anche essenziale per migliorare la resa agricola nelle zone poco fertili.

3   L’idroelettrico sta facendo progressi con grandi centrali cinesi, brasiliane, canadesi. E si parla di un progetto da 40 GW sul fiume Congo. Le idroelettriche erodono i fianchi delle montagne e possono essere nemiche dell’ambiente. (La producibilità annua del Vajont sarebbe stata di 150 MWh)

4   Esiste tecnologia avanzata per costruire centrali alimentate con gas a turbine a ciclo combinato con diminuzione di emissione di diossido di carbonio e centrali con combustione a letto fluido.

5   Dopo entusiasmante esordio, il semi-incidente di Three-Mile-Island e il grave incidente di Chernobyl (dovuto a errore nella manutenzione) gli entusiasmi si raffreddarono e subentrò avversione emozionale. (L’incidente di Fukushima non fu dovuto a malfunzionamento delle centrali nucleari ma alla combinazione di terremoto e maremoto: contribuì ad aumentare l’angoscia). L’Italia, unico Paese al mondo, rese illegali le centrali nucleari ma continuò a comprare dal nucleare francese, assieme alla pioggia radioattiva eventualmente portata dal maestrale, il 15% del proprio fabbisogno. Centrali nucleari sono operative negli Stati Uniti d’America, Francia, Cina, Russia, Giappone e altri Paesi. Svizzera e Spagna hanno annunciato piani per uscire, il Belgio ha rimandato l’uscita, la Germania sembra persistere nella volontà di uscire. La Marina militare americana opera da decenni con portaerei e sommergibili a propulsione nucleare – con venti anni di autonomia – senza incidenti. 

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