Otto settembre ’43: quello che è veramente accaduto

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Pubblichiamo un estratto dell’intervista ad Aldo A. Mola di Radio Radicale sull’ottantesimo dall’armistizio proclamato l’8 settembre 1943.

Professor Mola cosa possiamo dire oggi di questa data molto importante, della resa senza condizioni dell’Italia?

Un fatto di una gravità assoluta che probabilmente crea qualche imbarazzo nella rievocazione, da quel momento l’Italia perde la sua indipendenza semplicemente, rimane lo Stato e un Governo che viene riconosciuto dallo strumento armistiziale come esecutore di condizioni. È una data ricordata molto male dalla storiografia, dalla narrazione corrente diciamo pure dai media. Il 25 luglio alle due di notte il Gran Consiglio del fascismo approva un ordine del giorno in forza del quale si chiede a sua Maestà il Re di esercitare tutti i poteri che gli sono conferiti dallo Statuto e cioè quindi anche il comando delle forze armate, naturalmente non da accettare di persona ma delegando qualcuno. Vittorio Emanuele III revoca Mussolini e incarica Badoglio di formare il governo. La svolta di Vittorio Emanuele III, ormai consapevole che l’Italia aveva perduto la guerra, per presentarsi alle cosiddette Nazioni Unite, cioè gli anglo-americani, un’Italia defascistizzata e quindi non solo la revoca di Mussolini ma una serie di decreti che erano evidentemente stati preparati da molto tempo perché sono complessi, che vengono emanati il ventisette luglio e che vengono pubblicati il due di agosto: sciolti il Partito nazionale fascista, il Gran Consiglio e le gerarchie fasciste. A quel punto bisogna fare il passo successivo e cioè cercare di uscire dalla guerra in una situazione spaventosamente complessa perché l’Italia era piena di divisioni germaniche e molte altre cominciano ad affluire e il problema diventa estremamente difficile da risolvere: primo perché bisognava tracciare, con assoluta riservatezza e segretezza, perché c’erano due potenziali nemici (non si conosceva la reazione dell’Italia fascista). Non dimentichiamo che l’Italia e le sue città erano bombardate in modo pesantissimo dagli anglo americani. Allora, una trattativa dopo la conferenza di Casablanca dove si decide che chi si arrende dovrà arrendersi senza condizioni diventa difficile. Il Re e il governo Badoglio decidono di avviare le trattative mandando a Lisbona a contattare il comando alleato il generale Castellano. Un generale che non sapeva una parola di inglese e si fa accompagnare dal console Montanari, che parlava benissimo l’inglese, va convinto di poter fare una specie di trattativa. Invece, gli viene consegnato semplicemente quello che ormai era stato deciso prima ancora del venticinque luglio e cioè quello che aveva stabilito il comandante supremo delle forze angloamericane nel Mediterraneo generale Eisenhower, cioè l’Italia dovrà arrendersi a quelle precise condizioni e cioè non solo la resa dal punto di vista militare ma, come dice il dodicesimo articolo dello strumento armistiziale, condizioni di carattere politico militare ed economico che verranno comunicate in seguito al generale Castellano. Condizioni che non vengono comunicate allora perché il generale Castellano non sa una parola d’inglese, visto che doveva avvalersi di un traduttore; siccome noi sappiamo che una trattativa del genere prevede molti termini giuridici, anche se è una trattativa diciamo senza condizioni, è una cosa particolarmente difficile nella quale è necessario capirsi bene. Era stato scelto perché prediletto del Capo dello Stato Maggiore Ambrosio, perché era un suo uomo di assoluta fiducia, vorrei ricordare che Castellano insieme con altri generali era stato il militare che, insieme con il comandante generale dell’Arma dei carabinieri, aveva garantito il venticinque di luglio, cioè il passaggio indolore dal governo Mussolini al governo Badoglio. Il Re si fidava esclusivamente dei militari perché i diplomatici erano operanti in sedi che erano estremamente permeabili, cioè tutte le ambasciate erano zeppe di informatori, di spie, contro spie eccetera… gli unici che invece potevano garantire una certezza di quello che facevano erano i militari, e quello era veramente fondamentale. Ecco perché Vittorio Emanuele III e Badoglio, che peraltro era un militare, privilegiano la catena di comando dei militari perché di quelli si fidano e anche perché hanno come interlocutori non dei diplomatici, ma altri militari in quel momento: Eisenhower, Smith, i generali britannici Alexander e via…  è una partita tra militari e bisogna parlare la lingua dei militari negli strumenti armistiziali ma come un fatto residuale. Quello che contava in quel momento era per gli angloamericani chiudere la guerra nel Mediterraneo con la completa resa dell’Italia. Gli angloamericani però ingannano gli italiani, i quali cercano di ingannare gli angloamericani ma l’Italia era purtroppo perdente. Allora Castellano è costretto a fare delle trattative con le potenze alleate con quale tipo di mezzi? Si muove in treno per arrivare a destinazione, poi subentra un’altra squadra che lo seguirà.

Immaginiamo gli Alleati di fronte a questo tipo di trattativa, se la possono considerare una trattativa, un po’ disorientante soprattutto le volevo chiedere che mandato riceve Castellano

Io penso che lui avesse a che fare più con Ambrosio che con Badoglio. Castellano parte dall’Italia con falsi documenti sotto il nome di Raimondi, in treno, impiega tre giorni per essere a Madrid. Incontra prima l’ambasciatore britannico Hoare, che era stato in Italia fin dal 1917 come capo del servizio militare segreto. Il britannico conosceva bene l’Italia, aveva simpatia per l’Italia, per cui in modo molto cordiale lo istruisce per il viaggio a Lisbona (n.d.r. con la famosa penna). Dove finalmente arriva e lo lasciano in attesa per giorni. Castellano era convinto di poter avviare un dialogo, un colloquio, una specie di trattativa e invece gli anglo americani avevano già deciso tutto, quindi non c’è trattativa. Il Governo italiano commette un grave errore, Badoglio ignorava, Ambrosio anche che la conferenza di Casablanca aveva tirato giù la saracinesca: si dice all’Italia di consegnarsi, di arrendersi senza condizioni. Anzi, sotto condizioni durissime che vengono consegnate a Castellano, siccome Castellano poi parte per il viaggio di rientro in treno e impiega altri giorni, nel frattempo, da Roma preoccupati inviano il generale Giacomo Zanussi per vedere che cosa sta succedendo eventualmente prendere un ulteriore contatto con gli anglo americani, che rimangono abbastanza disorientati. Quando arriva a Lisbona il generale Zanussi trova che Castellano se ne è già andato. Così si trovano di fronte a due delegazioni in successione, perché uno non sapeva dell’altro, perché tutte erano segrete, questo evidenzia il caos e l’improvvisazione. Il problema dell’improvvisazione, teniamo ben conto del fatto che Italia doveva fare tutto in modo assolutamente segreto perché era strapiena di tedeschi. Gli anglo americani promettono agli italiani di intervenire ma non lo fanno perché a loro non interessava affatto della sorte dell’Italia a loro interessava di vincere la guerra con il minor costo possibile. C’era l’assoluta necessità di fare le cose senza che nessuno ne sapesse nulla e diciamo pure che incredibilmente in un paese tendenzialmente portato alla fuga di notizie si riesce a fare tutta questa lunga e complessa operazione senza che se ne sappia nulla. I primi a non saperne nulla sono proprio i tedeschi, questo è il punto: un fatto relativamente miracoloso, certo, i tedeschi avevano capito quello che voleva fare il Governo italiano anche se non avevano scoperto la trattativa. Dal venticinque luglio avevano il dente avvelenato perché Hitler personalmente si riteneva impegnato nei confronti della figura di Mussolini che considerava una specie di maestro e aveva capito perfettamente che cosa avrebbe fatto un nuovo governo Badoglio (sopprime il Partito nazionale fascista, sopprime il Gran Consiglio del fascismo, diciamo che imbalsama la milizia volontaria di sicurezza nazionale, dà il via a una serie di operazioni di defascistizzazione) quindi è chiarissimo per i tedeschi che non solo l’Italia si avvia a uscire dalla guerra, ma è anche chiarissimo che quella unione di carattere ideologico del 1938 tra Mussolini e Hitler, che aveva portato al patto d’acciaio, a fiancheggiare la Germania era finita. Si capisce che l’Italia ci sta muovendo in un’altra direzione, che si muove in modo abbastanza incerto e discontinuo. In questo viene aiutata dagli anglo americani i quali prima promettono degli interventi – avevano illuso la diplomazia italiana – poi con le decisioni del 18 agosto ’43, quindi precedente l’armistizio quando sono in corso gli incontri a Madrid a Lisbona, gli anglo americani tracciano una prospettiva per il dopoguerra con durissime condizioni di pace che le vengono riservate.

Quando Castellano torna da Lisbona e vede alcuni esponenti del governo e D’ Ambrosio si accorgono che bisogna accettare le condizioni. Mandano quindi Castellano in Sicilia a sottoscrivere l’armistizio, è quello che avviene a Cassibile il tre settembre del ’43. Castellano però ci va due volte in Sicilia, la prima arriva senza delle vere “credenziali”, una improvvisazione, non aveva l’accredito necessario per cui torna a Roma. Ritorna nuovamente in Sicilia e a quel punto finalmente avviene la firma, dopo di che gli anglo americani ritengono di non farlo ripartire per Roma e lo tengono “ospite” nel loro accampamento militare, gli riservano come è scritto nel verbale che affianca la firma, una condizione di ospitalità abbastanza favorevole cioè in buona sostanza intendono Castellano non come ostaggio, perché ritengono che ormai Castellano abbia finito la sua parte, che la palla è passata completamente nelle mani del governo Badoglio e nelle mani del Re. Nei giorni successivi il problema fondamentale della trattativa è la resa, anche nei verbali che affiancano la firma gli anglo americani si tengono molto abbottonati. I temi sono due: il primo è la volontà effettiva di intervenire a sostegno dell’Italia, il secondo, la data dell’annuncio dell’armistizio, nel verbale si dice in modo molto chiaro che l’annuncio sarà nel giorno che verrà comunicato dall’Italia. Un quarto d’ora dopo la comunicazione toccherà a Radio Algeri, cioè al comando militare anglo americano del Mediterraneo. La data non viene comunicata e da lì nasce l’equivoco, un grande equivoco perché i militari, il governo e Badoglio sono convinti che questa data potrebbe essere il dodici di settembre o addirittura il sedici. Su questo Castellano era stato molto preciso nei colloqui a margine della firma, perchè era necessario un tempo di alcuni giorni per poter organizzare il cambio di alleanze; per cui loro si fanno questa convinzione del dodici-sedici settembre. Però, dal tre al cinque settembre fanno qualcosa per allertare le forze armate in qualche modo, non dico istruire, perché se lo vengono a sapere i tedeschi, che in quei giorni hanno sentore delle cose e circondano credo La Spezia e una zona intorno a La Spezia per mettere in difficoltà la flotta italiana lì ancorata.

Le volevo chiedere cosa sapeva il Vaticano, che cosa sapeva monsignor Montini? perché molti dei diplomatici che si muovono nella scena delle trattative dell’armistizio sono diplomatici delle potenze alleate che operano nella Santa Sede perché li hanno una rappresentanza. Il Vaticano percepisce che la resa sta per essere sottoscritta, Montini era un uomo del mistero, uno che si è sempre mosso con estrema prudenza e quindi anche tracce sicure documentate non ne sono rimaste.

In quel periodo era chiaro che ci sarebbe stato un cambio: una pace, un armistizio, una resa, con quali condizioni, con quali coperture militari… (N.d.R.: un gruppo importante di giuristi e politici cattolici si erano dati appuntamento a Camaldoli già per tempo, il 18 di luglio del ’43, per ragionare sulla struttura del nuovo Stato, formulando il cosiddetto Codice di Camaldoli, testo base per le riforme del ‘dopo’ guerra; il giorno dopo Roma viene bombardata per la prima volta). Questo era il nodo sul quale c’era una grande oscurità, giustamente ha accennato a Montini e al Vaticano… a questo punto credo che vada spostata l’attenzione anche a cosa stava accadendo nell’ambito dei Partiti antifascisti nel luglio e agosto del ’43, mentre Castellano già sta cercando di trattare con il comando generale anglo americano, il Comitato dei partiti antifascisti, che comprende De Gasperi, cioè i democristiani, i liberali, i democratici nel lavoro come Bonomi e altri, decidono di non collaborare assolutamente con il governo Badoglio. De Gasperi ne spiega la ragione: siccome si tratterà di una resa, a noi partiti antifascisti non conviene assumere una corresponsabilità di una resa e quindi una corresponsabilità in quello che sarà la catastrofe del Paese. De Gasperi qualche contatto con l’altra riva del Tevere l’aveva, quindi anche questa linea che viene allora suggerita – tenetevi fuori poi arriveremo dopo – ovvero intanto ‘perdiamo la guerra e togliamo questa cosa fastidiosa che è la monarchia sabauda’. Sono quelli che son voluti venire a Roma, adesso si cancella tutto quello che è stata la storia dell’Ottocento dal quarantotto al XX settembre. Volevo fare un salto al tre settembre ’43, quando Castellano mette la firma sull’armistizio, in quel momento, di fronte alla titubanza, viene informato che sono pronti cinquecento bombardieri per un bombardamento a tappeto su Roma: cioè, glielo fanno entrare nella testa, guarda che, se tu non firmi la resa, noi bombardiamo Roma. L’armistizio, chiamiamolo così, perché l’armistizio è frutto di una trattativa a due, la resa invece è una imposizione unilaterale.

Ultima domanda, quando si parla di otto settembre si evoca questo termine: morte della patria.

Se vogliamo tirare un bilancio sereno di tutto quello che è avvenuto possiamo dire che gli eventi di allora pesano sull’Italia e sull’Europa di oggi. A distanza di ottant’anni dagli eventi di cui abbiamo parlato l’Europa non è riuscita a darsi una forza armata comune, a darsi una politica estera comune, né un sistema finanziario e fiscale comune.

La ringrazio prof. Mola per questo viaggio intorno all’otto settembre.

Qui il link all’intervista completa di Radio Radicale:

8 settembre 1943 dimenticato, intervista ad Aldo A. Mola (7.09.2023) (radioradicale.it)

https://www.radioradicale.it/scheda/707551/8-settembre-1943-dimenticato-intervista-ad-aldo-a-mola?i=4624730

 

Il saggio completo con tutti i dettagli storici scritto da Aldo Mola è pubblicato qui:

Nuovo Giornale Nazionale – VITTORIO EMANUELE III E L’“ARMISTIZIO”. 8 SETTEMBRE, 80° della Resa senza condizioni

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Un commento su “Otto settembre ’43: quello che è veramente accaduto”

  1. Letto e capisco L amarezza e le considerazioni negative generali.ma la guerra è questa è chi perde malamente come è successo a noi, caso mai vorrei considerare che tra noi e la Francia la differenza di trattamento nei trattati sta nel fatto che De Gaulle ha organizzato con americani e forze alleate una resistenza al nazismo mentre in Italia Avevamo Togliatti e c. trafficavano per fare avanzare Stalin e c. Vedi muro di Gorizia ma soprattutto di Berlino…. Poi ad ognuno di noi può essere più o meno simpatico un certo impiego del materiale edile filo spinato ecc. in Veneto si dice I gusti ze gusti e ognuno ha i suoi

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