Recovery Fund o Ricovery Room

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Il presidente Conte, i TG e la grande stampa ci hanno fatto sapere con molta enfasi che il 21 luglio 2020 il Consiglio Europeo ha prodotto, con “faticosi” compromessi, un accordo politico relativo al fondo Next Generation EU, definito dalla stampa come Recovery Fund. Dopo pochi giorni il Commissario europeo per l’economia Paolo Gentiloni, ex portavoce di Rutelli al Comune di Roma negli anni novanta, poi primo ministro post-renziano, così riporta Bechis su Il Tempo del 25 luglio, ha affermato: «La valutazione positiva delle richieste di pagamento sarà subordinata al soddisfacente conseguimento dei pertinenti target intermedi e finali». Tradotto dal politichese romano-brussellese vorrebbe dire che c’è un mare di lavoro da fare per Giuseppe Conte, il Pd e il M5S. Gli Italiani, con il passo che ha questo governo, rischiano di non vedere un solo euro da qui alla prossima estate, ad essere cautamente ottimisti. Sono state tante le belle promesse sentite nelle aule parlamentari, comunque sia è stato un bel sogno pensare dove mettere tutti quei soldi. Ma, come stanno veramente le cose?

Fabrizio Gonni in questo articolo (parte prima) cerca di fare il punto con mente aperta senza pregiudizi.

RECOVERY  FUND: su cosa si sta discutendo

Fabrizio Gonni

Prima di tutto c’è da capire il meccanismo di corresponsione del denaro. E’ evidente che questi “Eurobond“ dovranno essere battuti in asta sui mercati finanziari, dove si forma il tasso d’interesse. Pare logico che, vista la caratteristica degli Eurobond e la affidabilità del Debitore, cioè la UE, il tasso dovrebbe essere uguale a zero o appena sottozero, come i Bund tedeschi.

Però i tassi sottozero dei Bund rispecchiano, per gli investitori internazionali, non Europei, uno scenario di Eurocrack, ovvero che, nel caso fortuito che l’Euro scomparisse, i Bund esistenti sarebbero ripagati dalla Germania in nuovi Marchi rivalutati, una nuova moneta tedesca, che assicurerebbero un forte guadagno in termini di rivalutazione sull’Euro. Sembrerebbe pertanto probabile che le grandi Banche internazionali non sarebbero molto interessate a una simile asta di EuroRecovery Bond, con tasso pari a zero. Resterebbero quindi unicamente le grandi Banche della UE a sottoscrivere questi EuroRecovery Bond.

Di conseguenza nei bilanci delle grandi banche, l’attivo sarebbe in gran parte costituito da Titoli tradizionali, BTP, Bonos, Bund ed anche da questi Euro Recovery bond. E qui manca l’incognita della BCE; infatti dal famoso “whatever it takes“ di Draghi di molti anni fa, fino ad oggi, la BCE, con i programmi di Quantitative Easing, ha acquistato per anni – sul mercato secondario, cioè dalle banche – enormi quantità di Titoli degli Stati, fornendo liquidità, salvando la moneta Euro e facendo crollare gli interessi passivi primari, con un tasso monetario pari a zero. La stessa Lagarde ha annunciato il PEPP, Pandemic Purchase Program, per acquistare e monetizzare in quantità nuovi Titoli di Debito, e pertanto pare strano che in tutta questa trattativa politica del Recovery Fund, la BCE non sia stata coinvolta in prima istanza.

Il RECOVERY FUND in breve

E’ un accordo solo politico – perché mancano ancora gli atti normativi – per introdurre un fondo di 750 miliardi di € che sarà vincolato al bilancio pluriennale europeo dal 2021 fino al 2027, quindi erogato in 6 anni. 390 miliardi saranno erogati come sussidi “a fondo perduto“ ai Paesi UE e i restanti 360 saranno prestiti a lunga scadenza, di 20 anni dal 2026 al 2046, quindi durata doppia dei BTP decennali. Nessuno ha mai parlato dei tassi di interesse. Resta da chiarire “chi“ avrà la responsabilità di emettere tali Debiti per monetizzare fisicamente tale mole di denaro, e soprattutto chi li acquisterà. In effetti, il soggetto emittente di tali Titoli di Debito sul mercato potrebbe essere la Commissione Europea, in particolare i responsabili del Bilancio Europeo, perché, come noto, manca un Tesoro Federale della UE, il quale dovrebbe essere l’unica autorità di emissione.

In realtà, una struttura operativa c’è già: si tratterebbe del famoso o famigerato MES, Fondo di diritto Lussemburghese, che potrebbe benissimo emettere Titoli, incassare i soldi, distribuirli ai Paesi pro quota e affibbiarne la responsabilità del rimborso al Bilancio Europeo, gestito dalla Commissione.

Alla fine, qualcuno pagherà il “ fondo perduto “, cioè tutti i Paesi che contribuiscono al Bilancio Europeo, chi più, chi meno. Insomma, sembrerebbe a prima vista che debba essere la Commissione a emettere questi Eurobond, il cui rimborso sarà responsabilità del Bilancio Europeo. Appare ovvio che la Commissione UE dovrà imporre ai Paesi nuove tasse “federali“ per potere alimentare il suo Bilancio. In quanto alla attribuzione dei fondi, vi sono condizionalità: in sintesi i vari Paesi devono presentare progetti, quantificarli, chiedere il finanziamento sia o a fondo perduto o come prestito a lunga scadenza. La Commissione è il decisore di ultima istanza, ma se un Paese terzo, membro del Consiglio, ravvisa irregolarità nella realizzazione del progetti presentati, può chiedere un rinvio della erogazione del denaro.

Insomma, per capire meglio, sarebbe come se il Tesoro USA emettesse Debiti, raccogliesse denaro, ma se il Minnesota ravvisasse irregolarità nella spesa del Kentucky, potrebbe opporsi alla erogazione di denari federali. Non è proprio così, perché le situazioni sono molto diverse, ma è un paradosso per illustrare il concetto.

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