In attesa del 9 luglio di Trump facciamo il punto

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I media alimentano l’ansia sulla scadenza del 9 luglio, indicata da Trump per i dazi, che intanto firma lettere, dichiara, smentisce, riafferma e tratta su tutto. Il Sole 24 Ore di giovedì 3 luglio titola: “Dollaro in picchiata, corsa alle coperture”. Poi, allarme di Moody’s sul rating globale: l’Euro è salito a 1,18 contro il Dollaro, che quindi in pochi mesi si è svalutato internazionalmente del 10% (grafico sotto delle quotazioni degli ultimi mesi di dollari per un euro). Non si capisce come mai un Dollaro che distribuisce interessi sui Bond oltre il 4 % si debba deprezzare rispetto a un Euro, che dà interessi di poco superiori al 2%. Qualche sospetto viene… Vediamo come funzionano i cambi e i flussi di capitale: tutto il mondo finanziario si basa sull’economia Keynesiana, che dice “se c’è inflazione, alzo i tassi per raffreddarla, se l’inflazione scende (come in Europa) abbasso i tassi”.  Disgraziatamente Keynes è vissuto negli anni 1930, quando l’economia era solo privata, l’inflazione era per lo più monetaria e la formula base poteva andare bene. Ora, sembra che tutti ragionino su quella formula, senza rendersi conto della mole enorme dei Debiti degli Stati, molto superiore a quella dei Privati e delle Imprese, che negli anni 1930 non era così. Almeno i Privati e le imprese possono lavorare per ripagare i debiti e avvertono la stretta degli alti interessi, ma gli Stati non hanno produzione, se ne fregano degli interessi sui loro debiti e continuano a spendere con la scusa delle loro politiche (sono come marinai ubriachi nei bordelli di Bangkok). Tutti spendono per avere un consenso politico e la voragine del debito continua ad aumentare. Il vero guaio sono gli interessi cumulati dei vari deficit annuali, che oramai compongono l’80% del Debito Pubblico (in Usa gli interessi da pagare sul debito superano le spese militari). È evidente che il sistema monetario dell’Occidente, basato sul debito, porta verso il default, perché non si sa se gli Stati ripagheranno mai i loro Debiti. Ovvio che la Fed tenga i tassi al 4%, sperando che Banche, Fondi e Privati continuino a comprare Bond. Quindi, si viaggia sul filo del rasoio in attesa del prossimo Cigno Nero (*). Aspettiamo che qualche “ragioniere bocconiano” si inventi nuove leggi per l’attuale sistema monetario. Tutti rifiutano la MMT, Teoria Monetaria Moderna, che dice che gli Stati possono direttamente creare moneta dal nulla per fare investimenti (Ora gli Stati emettono Bond, per farli acquistare dalle Banche private, che a loro volta creano moneta dal nulla e la danno allo Stato). Alla fine, il sistema si baserà sulle stablecoin, con valore 1 a 1 sulle monete. Sarebbe un sistema per creare nuova moneta dalle attuali quantità di Debiti Pubblici (il come lo si dirà in un prossimo articolo…).

I dazi di TRUMP

Invece, sul Corsera del giorno dopo, Fubini offre una visione corretta dei Dazi: dice che un modello della Università Wharton calcola che con i dazi gli Usa guadagneranno 3.200 miliardi di dollari in 10 anni. Infatti, a pensarci, il dazio non penalizza tantissimo chi esporta in USA, ma gli americani che importano: sarà quindi una tassa del 10-15% che devono pagare gli americani. I Dazi sono federali, quindi chi incassa è Washington, mentre le sales Tax sono locali, incassate dagli Stati. Rappresentano quindi una tassazione indiretta per gli americani. Non potendo inventare una IVA di tipo europeo, Trump ha introdotto un’altra tassa indiretta. Qualcuno dirà che gli americani importeranno di meno. Può darsi, ma non è sicuro: l’Economia USA è basata sul consumo e sugli acquisti forsennati dei privati. Da tempo si dice che gli USA sono “compratori di ultima istanza”, qualunque merce importata in USA trova i suoi compratori e il suo mercato. È tipico di uno Stato Imperiale: la Roma degli imperatori assorbiva tutte le produzioni inviate dalle periferie dell’Impero, che a loro volta erano soggette alle tasse imperiali. Quindi non si sa: ma è evidente però che i prodotti esteri percepiti “di qualità” dagli americani sono soggetti ad una curva anelastica della domanda, quindi il prezzo non è importante.

Il Big Beautiful Bill

La legge della riduzione delle imposte ai redditi medi (dagli 60.000 ai 300.000 $, che in Europa sono considerati “ricchi” ma in America sono redditi medi) va insieme ai dazi. Trump dice: io ti metto una tassa indiretta, ma ti abbasso le tasse dirette sul reddito. Di quello che ti avanza fai ciò che vuoi. Si capisce anche la riduzione dei fondi per la sanità: il cittadino paga meno tasse, ha più soldi e quindi può permettersi una polizza privata sulla salute più costosa ma più completa. Tutto sulla carta, poi si vedrà a regime come gira la macchina.

Medio Oriente

Bisogna dire che Trump è stato un vero Maverick! Così erano definiti nel vecchio West i furbastri giocatori di poker dei battelli sul Mississippi. Tira 12 bombe (avvertendo prima) su una montagna nel deserto iraniano, dice a Netanyahu: guarda che ti ho salvato il fondoschiena, adesso basta. Gli iraniani avvertono: faremo una rappresaglia formale per non perdere la faccia, sposta i mezzi, tanto sono pochi missili nel deserto. A fine giugno, partendo per il vertice NATO, Trump parla con i giornalisti di Israele e Iran: “…the two countries don’t know what the fuck they’re doing”. I due litiganti non sanno cosa c… stanno facendo, ora basta, sono stato chiaro? In quanto al fondoschiena di Netanyahu, chi fosse stato recentemente in Israele avrà visto la precarietà delle strutture di base: a parte lo skyline di Tel Aviv, che sembra Dubai con i grattacieli, entrando nelle strade dietro i grattacieli, si vede una città medio orientale, fabbricati di massimo 3 piani, tirati su senza piano regolatore, cavi elettrici penzolanti per aria ed esterni alle case, condizionatori appesi alle finestre, strade strette e trafficate. Poi c’è una sola ferrovia di 50 km da Tel Aviv a Gerusalemme e niente d’altro.

Gerusalemme la Santa, circondata dalle mura medioevali dei Crociati e del Saladino è stupenda, ma sarà solo di 3 km quadrati. Gli altri quartieri esterni sono brutti, alcune belle case d’elite rivestite di pietra locale, ma il piano regolatore è sconosciuto, strade strette e curve, traffico allucinante. Poi è una città di servizi, di cultura, religiosa e con un paio di ottimi grandi ospedali, non ha industrie. Haifa è il vero porto di Israele, e purtroppo pare che i pochi missili iraniani che hanno bucato l’Iron Dome, abbiano fatto uno sconquasso nel porto. Si può capire perché Netanyahu abbia chiesto un aiuto.

Europa

È sempre impantanata nella guerra in Ucraina.  Marco Travaglio ha scritto che è vero che l’Ucraina non è nella NATO, ma è vero che dal 2014 la NATO è entrata in Ucraina. Quindi un qualunque accordo fra i due contendenti, comporterebbe la perdita (politica) della NATO europea, degli Inglesi, dei vari Governi nazionali e della UE, anche se gli europei hanno sempre fatto ammuina. Comunque, l’avanzata russa è stata fino al febbraio 2025 frenata dalla intelligence americana di base a Wiesbaden (nella foto satellitare riportata sotto), con tutti i satelliti e droni da ricognizione che guidavano le operazioni per l’Ucraina. Si rimanda per approfondimenti (in inglese) sull’intera storia del supporto dell’intelligence americana al N.Y. Times; quindi, sono notizie pubbliche e già note agli americani, ma in Europa nessuno ne parla (link internet: https://www.nytimes.com/interactive/2025/03/29/world/europe/us-ukraine-military-war-wiesbaden.html).

Rearm EU!

Il governo ha già fatto sapere che il ponte sullo Stretto è una opera militare, per rifornire le basi siciliane degli USA e far transitare i carri armati senza traghettarli. A questo punto, si spera anche nell’inserimento del collegamento autostradale tra Cecina e Civitavecchia, rimandato da oltre 40 anni. Così i mezzi corazzati potranno correre liberamente da Civitavecchia a Pisa, verso il nord, senza intasare la via Aurelia con il rischio di spaventare i cinghiali nelle macchie maremmane di Capalbio.

 

Fabrizio Gonni

ingegnere, MBA economia aziendale. Componente ISPG – Istituto Studi Politici Giorgio Galli

mail: gonni@istitutostudipolitici.it

 

* La teoria del cigno nero descrive un evento non previsto, che ha effetti rilevanti e che, a posteriori, è giudicato prevedibile con il senno di poi. Etimologicamente questa teoria prende le mosse dall’errata assunzione (nell’emisfero boreale) dell’inesistenza del cigno nero, “scoperto” (dal mondo occidentale) solo alla fine del seicento.

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