A capo scoperto di fronte al sultano

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Lo dicono i sacri testi di quella religione: una donna deve essere coperta da capo a piedi, affinché sia riconoscibile come “sorella nella fede”, e quindi non venga “molestata” dagli uomini. Il tutto viene giustificato come “protezione” e prudente tutela riservata alla donna musulmana. Contro l’arbitrio maschile, impunito e tollerato, tocca però alla donna rispettare obblighi e subire limitazioni alla sua libertà. Tutto ciò potrebbe peraltro non essere sufficiente, in quanto una donna non dovrebbe comunque circolare da sola sulla pubblica via, bensì sempre accompagnata, meglio se da un “mahram”, cioè da persona di sesso maschile al quale non è consentito avere “commercio carnale” con la donna che accompagna: è il caso, ad esempio, del padre o del fratello o del figlio della donna in questione. Al di fuori delle norme e delle tutele previste, la molestia che una donna può subire da uno o più maschi è considerata solo affar suo o, peggio, sua responsabilità. Nessuna tutela è esplicitamente riconosciuta a donna di altra fede religiosa, anche se accompagnata: il barbaro “rituale” del “taharrush gamea” ne è stata la inaccettabile conseguenza anche nelle piazze e nelle vie di paesi non musulmani, come ad esempio il nostro, in occasioni delle feste di Capodanno. La mentalità, maschilista oltre ogni limite e conseguente a quella fede, comporta la presunzione che ciò che non è vietato, non solo sia consentito ai “maschi”, ma possa essere considerato una loro opportuna manifestazione di superiorità religiosa da imporre alla donna “infedele.”

Foto Filippo Attili, 26 gennaio 2025 Gedda (Arabia Saudita)

Le comunità minoritarie di non musulmani presenti in paesi islamici, preferiscono dissimulare la loro fede fingendosi musulmani e assumendo quindi a difesa delle loro donne comportamenti pubblici di tipo islamico, sia in riferimento al vestiario sia all’accompagnamento sopra esemplificato. Quando da noi si parla di opposizione al patriarcato, dovremmo tener presente che un patriarcato peggiore di quello a noi noto viene di fatto progressivamente e pubblicamente imposto in pubblici contesti in cui le nostre forze dell’ordine sembrano impossibilitate ad intervenire efficacemente a contrastare manifestazioni di barbarie, quali il “taharrush gamea” di matrice arabo-musulmana. A ciò si aggiungono comportamenti di sottomissione al patriarcato, contrabbandate come forme di galateo politico, messi in atto da personalità politiche di casa nostra e di sesso femminile, che si coprono il capo con un velo d’ordinanza quando si trovano in un contesto islamico o addirittura quando incontrano l’imam della moschea del quartiere, nelle periferie delle nostre città. Mentre in Iran donne coraggiose si tolgono pubblicamente il velo dal capo, sfidando condanne a morte o torture, ci sono da noi donne non musulmane che indossano il velo in segno di ossequio a precetti islamici cui ritengono di doversi uniformare.

La recente visita in Arabia Saudita della nostra Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, presentatasi a capo scoperto e indossando calzoni non ha creato un incidente diplomatico internazionale. Anzi, ha destato sorpresa vedere i notabili del governo di Bin Salman stringere la mano alla Donna capo del nostro governo, con evidente e manifesta cordialità. E senza tradire alcun imbarazzo. Ci sono gesti pubblici che non vengono colti e valutati nel loro significato civile e politico o, peggio, vengono considerati irrilevanti o addirittura inopportuni da certi irritabili oppositori. Ma in quelle strette di mano ad una Donna a capo scoperto  e con abbigliamento “occidentale” era visibile non solo un chiaro segno di civile superamento del “patriarcato”, interpretato e affermato da una Donna occidentale in terra Saudita , ma anche dell’accettazione e condivisione paritaria di quel gesto da parte degli stessi  “padroni di casa” Sauditi nei confronti di una Donna occidentale, considerata degna di uno specifico  segno di rispetto, che era nel contempo accettazione di un diverso costume, di un’altra civiltà e di un incipiente mentalità anti-patriarcale biunivoca, assai significativa per il contesto in cui si è manifestata. Senza farsi soverchie illusioni, è comunque un utile primo passo, senza “veli pietosi” posti a mascherare ipocrisie e meschinità politiche.

Vittorio Zedda

A gambe incrociate, sui tappeti tradizionali, nel campo tendato del principe e primo ministro dell’Arabia Saudita Mohammad bin Salman, allestito in una zona desertica di Al’-Ula, 26 gennaio 2025: cosÏ si Ë svolto il bilaterale tra premier Giorgia Meloni e bin Salman, inizialmente allargato alle delegazioni. Dopo la cerimonia di firma della dichiarazione congiunta sulla partnership strategica, e l’incontro bilaterale fra i due leader  e pranzo di lavoro.
ANSA/NPK ANSA / Filippo Attili
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