Presentazione della rivista CIVICA

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La ricerca, al contempo demografica e politologica, di Daniele Comero e degli altri Autori, fa il punto su una situazione e insieme delineano una prospettiva.

Egli fa un accenno ai miei studi sulle multinazionali e il punto viene fatto, a mio avviso, sulla crisi (che il corona virus ha evidenziato, ma non prodotto, perché le premesse vi pre-esistevano), che è la crisi del capitalismo globalizzato delle multinazionali. Comero ritiene che questa crisi sia una rivoluzione, la mia opinione è che sia solo la premessa di un cambiamento possibile. Cambiamento che si compendi in una proposta, che tenteremo di fare in un prossimo numero di “Civica”.

Una proposta che tenga conto del fatto che quella in atto non riguarda solo una pandemia e come analizzarla e fronteggiarla, ma, come la ricerca di Comero evidenzia, è una crisi che riguarda sia l’economia, sia la democrazia rappresentativa, per cui la proposta di alternativa deve essere globale.

In attesa, dunque del prossimo numero di “Civica” che vi sarà dedicato, il lettore interessato ad assicurarsi che non sia una proposta improvvisata sotto l’incombenza di un virus, può rintracciarvi elementi in libri usciti tra 2016 e il 2019: “Scacco alla superclass” e “Arricchirsi impoverendo” (scritti con Francesco Bochicchio, ed. Mimesis); “Come si comanda il mondo” (scritto con Mario Caligiuri, ed. Rubbettino) e “Multinazionali contro democrazia: evitare il buco nero” (Algra editore).

Intanto l’imponente documentazione di questo numero di “Civica” tiene il lettore informato di fronte alla valanga di affermazioni affrettate, che l’hanno travolto, unitamente all’imperversare del Covid19.

Giorgio Galli

Camogli, 4 maggio 2020

PREFAZIONE

Giorgio Galli Nel presentare questo volume integrato dal supplemento, che completa il primo numero di Civica del 2020, ricordo qual è il tema più generale che abbiamo da affrontare e risolvere, se vogliamo uscire da questa situazione che avevo ampiamente previsto negli anni scorsi. Il premio Nobel per l’economia Edmund Phels (fondatore e direttore del Centro capitalismo e società alla Columbia University di New York) si chiede addirittura se “si può sospendere per qualche mese il sistema capitalistico per salvare l’economia e insieme le vite umane”, intervista pubblicata in Italia col titolo: “Italiani risvegliate il genio: innovando ce la farete” (“Corriere della sera”, 30 marzo). L’altro Nobel per l’economia Robert Shiller (Università di Yale)  ci esorta così: “Prendiamo il caso Italia. Da sempre è famosa per il suo cibo, il suo vino, la sua arte, eppure non attrae perché non offre qualcosa che sembri veramente ‘nuovo’. Avete bisogno di migliori pubbliche relazioni” (Corriere della sera, 16 marzo). Passi per l’arte, ma possiamo offrire qualcosa di più importante del vino e delle pubbliche relazioni, tenendo conto di quanto si dice non solo dagli Stati Uniti, ma anche dalla Francia: presentando il suo nuovo libro  “Capitalismo e ideologia” (ed.italiana La Nave di Teseo), Thomas Piketty afferma:

“La crisi del corona virus ha fatto emergere la violenza delle diseguaglianze. Il nostro sistema economico va cambiato”.

Ma il come è vago e limitato: “Dovremo tornare a investire nel pubblico, nelle pensioni e nella sanità” (“Sette” del “Corriere della sera”,  29 maggio).  Sempre dalla Francia, Matthieu Pigasse, già ministro e al vertice della celebre Banca Lazard (poi passato alla statunitense Banca Centerview), ironizza:

E’ sempre divertente vedere i rappresentanti del capitalismo dire ‘E’ la fine del capitalismo’. Quel che è certo è che questa crisi segna la fine del capitalismo liberale, costruito sul trittico: globalizzazione, diminuzione del ruolo dello Stato, passo indietro della protezione sociale. Questo trittico è stato drammaticamente messo in causa dalla crisi e non si rimetterà”.

E Dominique Strauss-Kahn, già autorevolissimo presidente del Fondo Monetario Internazionale, al quale l’Eliseo è stato sbarrato (non si sa ancora se dalla sua esuberanza sessuale o da un complotto nordamericano), ora dice:

Non credo sia la fine del capitalismo, ma qualcosa può cambiare. Uno choc massiccio permette alla Storia di riprendere i suoi diritti. Senza dubbio con meno liberalismo e più importanza riservata all’azione collettiva” (entrambi sul Corriere della sera, 26 maggio).

In realtà nessun capitalista ha mai parlato di fine del capitalismo; e il fatto che questi due grandi operatori finanziari siano stati ministri in governi a presidenza “socialista”, dimostra a quali punti fosse giunto, nei suoi rapporti con lo stesso capitalismo, il finto “riformismo” della socialdemocrazia.

Possiamo concludere questa rapida rassegna con la domanda epocale:“Dopo il virus il capitalismo sarà etico?”, titolo di una indagine dalla quale risulta che “il 70 per cento degli italiani sarebbe favorevole a ribaltare le priorità: le trasformazioni produttive potranno essere antidoto alla disoccupazione” (Corriere della sera, 12 maggio).

Mi sembra paradossale chiedersi (Phelps) se si possa “sospendere per qualche mese il sistema capitalistico”; e non mi azzardo a porre la domanda se diverrà etico dopo la pandemia.

 

Giorgio Galli

Camogli, 2 giugno 2020

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