La riforma “taglia parlamentari” è una cattiva riforma. Intervista ad Arturo Parisi

| | ,

Il referendum del 20 e 21 settembre 2020 si sta avvicinando molto rapidamente, mancano pochi giorni. Le posizioni tra i due fronti, il SI e il NO, che pochi mesi fa sembravano tutte a favore del si ora si stanno quasi per invertire. Persino Carlo De Benedetti, ex tessera n. 1 del Pd, ha fatto outing ieri sera a La7, pronosticando la perdita della Puglia e forse della Toscana, affermando che la riduzione dei parlamentari fatta in questo modo è “volgare”. In effetti nessuno parla di rappresentanza e competenza dei rappresentanti. Anche i risparmi sono ipotetici, visto che dovrebbero essere sui bilanci di Camera e Senato a partire dal 2023-24. Quindi, per molti anni non ci sarà alcun risparmio, solo molte suggestioni che possono incantare l’elettore disposto a credere a promesse generiche, molto vaghe. Così, il centro sinistra si è diviso in due fronti: chi crede alle promesse e chi guarda il sacco vuoto. Un autorevole studioso di comportamento elettorale e legge elettorale è Arturo Parisi, già ministro della Difesa, ex direttore dell’Istituto Cattaneo di Bologna, che ha guidato per alcuni decenni. Con Parisi, nell’ottobre del 1993, unimmo le forze per realizzare dei convegni di studio sul nuovo sistema denominato “mattarellum“. A Milano intervennero Sergio Mattarella, Gianfranco Miglio e Giorgio Galli.

(foto sotto, nella prima a sinistra: Comero e Parisi, nella seconda a destra Giorgio Galli)

Dopo l’Ulivo, le strade si sono separate e scontrate, in ultimo sull’Italicum e la riforma Renzi del 2016. Qualche giorno fa ho letto della sua presa di posizione per il “NO” sul referendum. Come ho già scritto, personalmente ero neutro fino a quando – a inizio anno- ho attentamente  studiato il breve testo di legge, quatto articoli, approvato l’ottobre scorso. Felice Besostri in precedenti interventi su CIVICA ha esposto le criticità giuridiche, le numerose e grossolane imprecisioni, che rendono pericolosa tale riforma costituzionale, per cui sono decisamente per il No. Un testo di legge costituzionale almeno deve essere scritto bene, non prestando il fianco a impugnazioni e contenziosi. Resta l’amarezza che sia stato votato e approvato per quattro volte. Ho quindi colto al volo questa opportunità per chiedere un parere a Parisi, visto che è tra i migliori politologi italiani, oltre che un politico di rilievo come ideatore dell’Ulivo.

Caro Arturo, in molti si sono sorpresi nel leggere sui giornali della tua scelta per il No al Referendum, essendo uno dei fondatori del PD, che invece settimana scorsa si è dichiarato per il SI. E’ una scelta irremovibile?

 (nella foto Parisi a sinistra, Prodi a destra)

Diciamo soprattutto che è una scelta antica. Fin dallo scorso anno non sono riuscito ad accettare che in soli pochi giorni il Pd sia riuscito a rovesciare la posizione che lo aveva indotto a votare in Parlamento tre volte “NO” solo per soddisfare la imposizione del M5S come condizione prima per sostituire al Governo la Lega che dal governo era uscita di sua iniziativa. Se l’anno prima la Lega aveva negoziato per lunghi mesi quel “contratto di governo” dentro il quale il taglio delle poltrone era solo uno dei punti affidati al Ministro per la democrazia diretta perché lo svolgesse attraverso provvedimenti distinti che prevedevano il vincolo di mandato e il referendum propositivo, al Pd per accodarsi al M5S, invece di quattro mesi, sembrano essere bastati quattro giorni. Come potrei esitare di fronte ad una scelta che vede da una parte una idea di democrazia pluralistica fondata su pesi e contrappesi che esigono un Parlamento tanto forte quanto forti sono le altre istituzioni del sistema, e, dall’altra una idea che tende a dislocare al suo esterno la funzione legislativa in nome di un generico popolo come titolare unico della pretesa di imperio, da consultare attraverso strutture extra-istituzionali.

Quali sono gli aspetti tecnici e politici che non convincono in questa mini-riforma istituzionale?

Se il quesito inscritto nella scheda di voto fosse leggibile come “volete voi ridurre il numero dei parlamentari?” se ne potrebbe e dovrebbe discutere. Ma il quesito al quale dobbiamo dare risposta non riguarda quali riforme noi vorremmo fare ma se confermiamo la proposta, imposta e celebrata dai 5S, non a caso, come “taglio delle poltrone”.

Ogni dibattito che si illuda di potere entrare nel merito è ormai a mio parere fuori tempo massimo. Non è il caso di perdersi in oziose comparazioni tra i costi e il numero di parlamentari rispetto alla popolazione dei diversi Paesi, suscettibili ognuna di obiezioni e contro obiezioni. Tutti i referendum sono giudizi su precise iniziative politiche ognuna con una propria premessa politica è un obiettivo anch’esso politico. Ancor di più i referendum costituzionali che richiedono un voto di conferma su decisioni già prese dal Parlamento. Esattamente come quello presente.

Come ho detto domenica prossima sono a confronto due idee di democrazia, una populistica ed una pluralista. Chi è per la prima idea voti Sì. Chi è per la seconda voti No. Io voto No. Per l’ispirazione che guida l’iniziativa sottoposta al voto di conferma, prima ancora che per la formulazione della legge costituzionale che di essa è figlia.

A ben vedere tale posizione era stata preannunciata l’anno scorso da molti esponenti del Pd, esperti di diritto costituzionale che spiegavano quanto male possa fare al Paese una ‘schiforma’ del genere. Il tempo passa, le idee cambiano e uno di questi ha ribaltato il giudizio, ora sostiene questa riforma più le altre in cantiere:”Mi sembra del tutto ragionevole che, prima delle elezioni del 20 e 21 settembre, incardiniamo il testo base della legge elettorale. E che si proceda ancor più speditamente per approvare le altre tre riforme costituzionali” (La Repubblica 25 agosto).

Sono dei killer seriali, che andrebbero fermati con un bel “NO”. Al di là della convenienza del momento Arturo Parisi ha mantenuto la coerenza di giudizio e la libertà di pensiero.

Immagine del fac-simile della scheda elettorale referendaria

Precedente

Politica e maledizioni

Medio-oriente: accordi di pace e premi Nobel

Successivo

Lascia un commento